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Adolescenza e ciclo vitale

psicologia, psicoterapia, psichiatria, attacchi di panico, fobie, disturbi umore

L’adolescenza ed il ciclo di vita della famiglia

Quando un adulto parla di adolescenti dal punto di vista psicologico, rivolge prevalentemente l’attenzione alla crisi che il ragazzo deve affrontare, alle difficoltà di identità sessuale, ai problemi relativi allo sviluppo e ai tentativi di crescere e di rendersi indipendente.
Generalmente si pone minore attenzione ai problemi della famiglia. Come vivono i genitori il cambiamento di vita di quello che fino all’anno scorso era il “loro bambino”, che chiedeva di giocare insieme a loro, mentre adesso sembra quasi un estraneo e non vuole nemmeno che lo accompagnino a scuola?
L’adolescenza, così come tutti i cambiamenti importanti nella vita di una famiglia, non coinvolge unicamente il singolo individuo, ma l’intero sistema familiare. I principali studi psicologici che si rifanno all’ottica sistemico-relazionale, pongono l’accento su quello che viene chiamato il “ciclo vitale”, intendendo con questo termine, l’insieme dei compiti evolutivi che spettano all’intero nucleo familiare.
La Duvall considera le fasi del ciclo di vita familiare divise in base agli “eventi nodali”, relativi all’ingresso o all’uscita dalla famiglia dei suoi componenti: matrimonio, nascita e crescita dei figli, uscita dei figli dalla casa dei genitori, pensionamento e morte.
L’autore che ha sviluppato questo concetto in modo approfondito è Jay Haley che, in Terapie non comuni, scrive: “Un tempo i sintomi erano considerati come manifestazione propria dell’uomo, senza alcun rapporto con il suo contesto sociale; la crisi d’ansia o la depressione erano ritenute espressione della condizione della singola persona. In seguito si è sviluppata la convinzione che i sintomi fossero invece indicativi di un certo tipo di persone profondamente coinvolte tra loro (…) Esiste, infine, una visione ancora più ampia del problema (…) i sintomi compaiono quando c’è deviazione o interruzione del normale svolgimento del ciclo vitale di una famiglia.”
Come dice Malagoli Togliatti, il processo evolutivo che la famiglia compie nel corso degli anni (il suo ciclo di vita), attraverso il passaggio da una fase all’altra, è visto come un processo di continua ristrutturazione della trama dei rapporti tra i membri della famiglia. Le fasi sono caratterizzate da eventi naturali che necessariamente apportano cambiamenti nell’organizzazione del sistema familiare. Ad ogni tappa, la famiglia si trova ad affrontare una situazione nuova (data dall’evento), che mette in crisi le vecchie modalità di funzionamento, non più idonee al cambiamento avvenuto, richiedendo una nuova organizzazione familiare.
La nascita di un bambino, ad esempio, cambia notevolmente l’equilibrio di una coppia, così come il matrimonio di un figlio porta un disequilibrio nell’omeostasi della famiglia di origine (i ritmi del pasto, una stanza improvvisamente libera, il ruolo occupato fino ad allora dai genitori), che richiede degli “aggiustamenti” per raggiungere una nuova omeostasi. Quando una famiglia non riesce ad attuare il cambiamento e si blocca ad una tappa del ciclo vitale, interrompendone l’evoluzione, possono nascere dei problemi.
Scrive ancora Haley: “Non è facile prendere sul serio questi aspetti comuni della vita dal momento che in psichiatria e in psicologia è sempre sembrato più importante centrare l’attenzione su problemi d’identità, di formazioni deliranti, di dinamiche inconsce e di leggi di percezione, piuttosto che sulle problematiche che sorgono quando uomini e donne si sposano ed educano i loro figli.”
Si tende spesso ad avere una concezione della famiglia modello, come quella nella quale non esistono tensioni e c’è sempre armonia, ma è un ideale che non esiste, che ci viene trasmesso come modello dagli spot televisivi. Non è l’assenza di problemi a distinguere una famiglia “normale” da una “anormale”, ma la sua capacità di affrontare ed adattarsi a situazioni nuove, che richiedono modelli alternativi di funzionamento. Può essere utile sottolineare questo aspetto nel colloquio con i genitori di pazienti adolescenti, i quali spesso si percepiscono inadatti a gestire una situazione nuova, che comporta dei cambiamenti di ruolo da entrambe le parti.
Vista in questa ottica, la “crisi dell’adolescente” può essere letta come “crisi della intera famiglia”, coinvolta suo malgrado in questa trasformazione. Qui il termine “crisi” non ha un’accezione negativa, ma un significato evolutivo: è un momento di passaggio, in cui “la famiglia appare, cioè, agente del cambiamento adolescenziale fornendo ad esso una base d’appoggio e possibili direzioni e, al tempo stesso, è attraversata totalmente dalle trasformazioni specifiche di questa fase evolutiva, che segnano, insieme alla transizione individuale, anche quella della famiglia ad una nuova fase del proprio ciclo vitale.”
Lo sforzo principale che viene chiesto alla famiglia dell’adolescente è proprio di supportare il cambiamento. L’adolescente, accostandosi al mondo esterno, sta combattendo tra il bisogno di rimanere ancorato alla sicurezza del legame infantile con i genitori e la necessità di liberarsene. Più il legame con la propria famiglia è stabile, più l’adolescente sentirà di avere le “spalle forti” e si sentirà in grado di staccarsi e fare scelte autonome. Pertanto, è importante rinforzare il ruolo flessibile della famiglia, in modo che non viva l’allontanamento del figlio come un abbandono, ma si senta valorizzata nel ruolo di supporto alla sua crescita.
L’adolescenza dei figli, per l’ovvia e auspicabile identificazione con essi, determina notevoli sommovimenti nella coppia genitoriale. Quest’ultima si trova infatti a doversi confrontare con una situazione complessa determinata, da una parte, dal cambiamento dei ruoli e delle funzioni parentali di fronte a figli non più bambini (ma che anzi si apprestano a separarsi), dall’altra, dalla necessità inevitabile di sperimentare la perdita della giovinezza e il definitivo ingresso in età matura.”
Mentre i figli si confrontano con le nuove esperienze sessuali e i problemi di accettazione del proprio corpo, i genitori si trovano nella fase comunemente chiamata “crisi di mezza età” in cui devono accettare le modificazioni del proprio corpo, la perdita della creatività biologica e l’imminente distacco dai propri figli. Molte coppie hanno difficoltà a trovare un nuovo equilibrio senza la presenza dei figli, che talvolta sono l’unico motivo per cui il matrimonio va avanti.
Non sempre dunque dei buoni genitori di figli piccoli lo sono altrettanto per i figli adolescenti, proprio perché il cambiamento richiesto è notevole: non c’è più il genitore che sa tutto del figlio, che lo accompagna, che gli insegna, che gioca con lui, ma quello che deve accettare i segreti, le nuove amicizie, le idee spesso contrastanti del figlio che “non si riconosce più”. Sarebbe importante che questi genitori capissero che sono tali manifestazioni di indipendenza, che permetteranno all’adolescente di diventare un adulto sano e che sperimentando la ribellione dai genitori per un periodo di tempo potrà recuperare i valori familiare ai quali vuole riferirsi e crearsi una propria strada.
In questo periodo infatti, l’adolescente si trova ad affrontare un’alternativa paradossale: da una parte deve disidentificarsi dai propri genitori per scoprire la sua identificazione di adulto, ma dall’altra parte non può fondare la sua identità, se non nell’ambito della dipendenza dai suoi genitori ed inserendola all’interno dell’organizzazione familiare e dell’identità di quella famiglia”.
E’ in questa altalena tra separazione e individuazione che l’adolescente alterna i momenti di segretezza (il diario, l’amica del cuore, le telefonate, ecc.), che chiedono di essere rispettati, a momenti di esibizione (abbigliamento inconsueto, musica a tutto volume, ecc.), che spesso sono un modo per chiedere un limite e un controllo. In tutti questi comportamenti l’adesione ad un gruppo di coetanei è fondamentale per dare al ragazzo un punto di riferimento alternativo alla famiglia nel quale rifugiarsi e trovare sicurezza.
Per lo psicologo, è importante tenere conto anche della pressione che tutta la famiglia affronta nel periodo adolescenziale del figlio per avere una visione più ampia dei meccanismi che possono scatenare dei sintomi, talvolta con funzioni di coesione tra i genitori, altre volte come indicatore di un malessere per l’allontanamento delle rassicuranti “regole infantili” fino ad allora seguite, altre volte come segnale di allarme per problemi relativi all’identità sessuale.
Quindi è importante rimandare alla famiglia un’immagine positiva di sé, descrivendo l’adolescenza come un momento di “crisi evolutiva” in cui cambiano i ruoli, ma utile e affrontabile in un’ottica di cambiamento e di crescita dell’intero sistema.

 


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