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Sintomo come richiesta di aiuto

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Questo è il caso di B., una giovane donna di 36 anni, sposata e madre di due bambine di 2 e 6 anni. B. venne da me, la prima volta con il marito, un uomo schivo, riservato e scettico sul fatto che la moglie avesse chiesto l'aiuto di una psicologa.
Da tempo B. aveva manifestato una serie di fobie, collegate tutte alla possibile contaminazione e trasmissione di malattie da parte di alcuni materiali.
Aveva sviluppato anche delle allergie, in particolar modo alle mani, che le diventavano rosse, provocandole un fastidioso prurito.
B. aveva lasciato il paese natio per trasferirsi in quello del marito in seguito al matrimonio e vedeva di rado la sua famiglia di origine, abitando a circa 150 Km da loro.
Aveva conseguito la laurea prima di sposarsi, ma non aveva mai lavorato e parlava dell'argomento con rammarico. Era mamma e casalinga. Si occupava sempre lei delle bambine, perché il marito lavorava molto ed era spesso fuori casa. I nonni paterni le abitavano vicino, ma avevano entrambi problemi di salute e si occupavano dei figli del fratello di suo marito.
B. si sentiva sola e di fatto lo era. Questa era la vera ragione delle sue fobie. Servivano a coprire qualcosa che voleva tenere nascosto anche a se stessa, ma soprattutto al marito, per non sentirsi in colpa. Cercava di dare un ordine ed un controllo alla sua esistenza, ma ogni cosa le sfuggiva di mano.
Avrebbe desiderato un po' di spazio per se stessa, ma anche se la figlia maggiore la mattina era a scuola, quella piccola era sempre con lei, perché non ancora in età per la scuola materna. Inoltre le bambine si ammalavano spesso.
B. avrebbe desiderato più ordine e maggiore libertà, ma anche un marito partecipativo, presente nelle decisioni importanti e nella cura delle figlie.


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